MINDFUL EATING: “Interventi di Consapevolezza nella cura del binge eating”
- Alexia Talarico
- 24 apr 2021
- Tempo di lettura: 7 min
A cura della Dott.ssa Lorenza Siciliano
Biologa Nutrizionista
Il corpo umano è, potenzialmente, una macchina perfetta.
Ogni cellula, organo, tessuto, svolge una precisa funzione che permette a tutto l’organismo di funzionare nella maniera migliore possibile. Esistono dei fattori, per lo più modificabili, che possono intaccare questo equilibrio:
situazioni di stress; inquinamento;
stile di vita non adeguato;
virus e batteri.
Lo stile di vita non adeguato, comprende la dieta del soggetto, cioè l’insieme delle sue abitudini. Il termine Dieta deriva dal greco «Dìaita» ed ha un significato ben diverso da quello che, spesso, gli si attribuisce. Una sana Dieta non è altro che un sano «Stile di vita» necessario per il raggiungimento del «Benessere Psico-fisico»;
Gli «alimenti», pertanto, non sono solo una fonte di carburante per il nostro corpo. Non mangiamo unicamente per soddisfare un bisogno ma anche perché mangiare è effettivamente un «piacere».
Il cibo è in grado di modulare i nostri stati d’animo, facendoci sentire bene, appagati, in alcuni casi anche consolati. Il fatto che mangiare ci dia così tante sensazioni piacevoli fa sì che abbiamo qualche difficoltà a dire di no ai fuori pasto e ci spinge a mangiare anche quando, effettivamente, non abbiamo fame. Ecco perché il politico e gastronomo francese Jean Anthelme Brillat-Savarin sosteneva che: “l’animale si nutre, l’uomo mangia”!!!
Le emozioni che ci spingono a mangiare anche quando non abbiamo fame, fanno sì che non ci sia accuratezza nella scelta della qualità alimentare.
Già nel 16° sec, Paracelso affermava che:” Tutte le sostanze sono potenzialmente veleni, in quanto nessuna è priva di sostanze tossiche: è la dose che rende tossica una sostanza!”
Così come è noto che, il cibo che mangiamo può essere o la più sana e potente forma di medicina o la più lenta forma di veleno! Ciò non significa che dobbiamo demonizzare tutti gli alimenti; quello che troviamo sul web, definito “veleno”, è quotidianamente presente sulle nostre tavole, mi riferisco al pane, fatto con farine raffinate, al sale, allo zucchero, al latte di mucca… i veleni bianchi, così chiamati! Perciò, è fondamentale scegliere la qualità di ciò che portiamo sulle nostre tavole stando attenti alle quantità e cercando di riconoscere il tipo di fame:
- La Fame del naso, dove lo stimolo è di tipo olfattivo. Quando sentiamo odori particolarmente gradevoli, iniziamo a sentire una sensazione di fame che porta a mangiare anche senza appetito, la classica “acquolina in bocca”. Sono i cibi caldi, per lo più, che sollecitano in modo particolare questo tipo di fame visto che rilasciano odori più forti e percepibili anche ad una certa distanza, come nel caso del pane appena sfornato!
- La Fame degli occhi, perché anche l’occhio vuole la sua parte! Anche la sola vista di un piatto preparato con cura e ben disposto può attivare la sensazione di fame.
- Nella Fame della bocca il senso prevalente è quello del gusto e della scelta di una certa consistenza di cibo. In alcuni casi lo stimolo arriva dalla sola necessità di riempire la bocca, indipendentemente dal sapore e dalla consistenza, una sorta di compensazione orale dovuta a particolari caratteristiche psicologiche.
- La Fame della mente è strettamente legata a ragionamenti o pensieri automatici, involontari ed errati. Alcuni dei pensieri possono essere: “è meglio che faccia una colazione più abbondante se voglio arrivare all’ora di pranzo senza problemi”; oppure “sono due giorni che rispetto la dieta, mi merito una fetta di torta”; e ancora “ormai ho esagerato con il cioccolato, tanto vale che mangi anche questo o quello!” Tutti questi pensieri sono tanto scorretti quanto involontari e automatici.
- Quando il desiderio di mangiare costituisce una compensazione dovuta a sentimenti di vuoto, di solitudine o di disperazione parliamo di Fame del cuore, ed è molto comune ricorrere a cibi consolatori, ricchi di zuccheri, grassi e sale, alimenti molto saporiti e calorici, spesso cioccolato, i classici junk food, che soddisfano la necessità di sentirsi subito meglio. Questi alimenti, provocano una sensazione di gratificazione apparente ma successivamente sensi di colpa e sensazioni sgradevoli.
- La Fame dello stomaco: La sensazione di stomaco vuoto, che “brontola”, si avverte infatti quando questo organo è ormai completamente vuoto e il processo digestivo del pasto precedente è giunto al termine. Ma c’è comunque da fare attenzione. Intanto lo stomaco non deve essere sempre pieno! La richiesta proveniente dal brontolio, di cui sopra, può essere semplicemente legata all’abitudine di mangiare ad una certa ora e non al bisogno di ulteriori calorie. Inoltre, bisogna ricordare che il sistema gastrointestinale è il nostro secondo cervello e alcuni tipi di tensioni, inquietudini o stati ansiosi vengono riversati sulla “pancia”!
- La fame vera e propria è la Fame delle cellule. Ogni cellula del nostro corpo necessita di una quota di energia per funzionare al meglio e per garantire la sopravvivenza di tutto il sistema-organismo. A livello cellulare tale energia, che deriva da complessi processi di elaborazione del cibo che ingeriamo, è costituita dall’ATP (Adenosina Trifosfato): la carenza di questa molecola essenziale per la vita innesca una catena di reazioni bio-chimiche che portano il messaggio di “fame” al nostro cervello.
Esistono, pertanto, una serie di “mangiatori” che si discostano dal “mangiatore consapevole”:
• Il mangiatore Malinconico: che usa il cibo come come un conforto
• Il mangiatore Compulsivo: che usa il cibo per riempirsi e combattere ansie e paure
• Il mangiatore Edonista: attratto dal piacere del buon cibo
• Il mangiatore Sociale: che cerca nel cibo l’aggregazione e la propria affermazione
Mangiare in modo consapevole per modulare le abitudini alimentari sta diventando un'area di crescente interesse. Sono stati presentati tanti studi, raccolti poi in una serie di recenti revisioni dove è stato dimostrato che gli interventi basati sulla consapevolezza (MBI) riducono il coinvolgimento in comportamenti alimentari disordinati, sebbene non sia chiaro come questi interventi generino il cambiamento.
Gli approcci basati sulla consapevolezza sembrano più efficaci nell'affrontare il
binge eating, il mangiare emotivo e il mangiare in risposta a segnali esterni. Non ci sono prove convincenti sulla perdita di peso, ma gli approcci basati sulla consapevolezza possono prevenire l'aumento di peso.
Già alla fine degli anni ’90 sono stati presentati da Kristeller e Hallet, i primi studi sull’uso della consapevolezza nel binge eating, per poi allargare l’intervento su altre popolazioni obese con o senza disturbo da alimentazione incontrollata. Negli ultimi anni c'è stato un crescente interesse nell'uso della consapevolezza e dell'alimentazione consapevole nelle popolazioni obese / sovrappeso.
Non esiste una definizione di consapevolezza universale, ma la consapevolezza del mangiare consiste nel fare scelte alimentari ponderate, distinguere tra i diversi tipi di fame, fisica e psicologica e capire i segnali di sazietà mangiando in modo sano, avendo cura di scegliere alimenti di qualità. Essere “presenti” nel momento in cui si mangia (il qui e ora), facendo attenzione e annotando le sensazioni fisiche ed emotive in risposta al mangiare.
Gli interventi che sono stati attuati negli studi presi in esame, hanno avuto una durata da 6 settimane a 4 mesi e in molti, la consapevolezza era l’unico obiettivo dell’intervento che spesso includeva un’alimentazione consapevole come elemento chiave del programma. La maggior parte degli interventi nelle popolazioni obese / sovrappeso sono stati intrapresi nelle popolazioni femminili, mentre gli studi sulle popolazioni normopeso includevano più uomini.
Un esempio di intervento di consapevolezza è quello sviluppato da Alberts et al. nel 2012, un programma con cinque componenti principale:
1. Mangiare consapevole;
2. Consapevolezza delle sensazioni fisiche;
3. Consapevolezza dei pensieri e dei sentimenti legati al mangiare;
4. Accettazione e non giudizio di sensazioni, pensieri, sentimenti e corpo;
5. Consapevolezza e cambiamento graduale degli schemi quotidiani e delle abitudini alimentari.
Gli strumenti più utilizzati per misurare la consapevolezza degli individui sono stati 2:
- Il Five Facet Mindfulness Questionnaire (FFMQ), che misura la consapevolezza attraverso 5 scale: osservare, descrivere, agire con consapevolezza, non giudicare l’esperienza interiore e non reattività all’intimità interiore;
- La Mindfulness Awareness Attention Scale (MAAS) che misura la tendenza di un individuo alla consapevolezza in modo intenzionale, in base alla frequenza in cui nelle sue esperienze è mind-ful oppure mind-less.
C'erano alcune variazioni tra gli interventi, ma i seguenti erano elementi chiave delle componenti del consumo consapevole:
1. Il consumo consapevole è stato insegnato da un esercizio specifico come l'esercizio di "aumento consapevole";
2. Prestare attenzione all'esperienza del mangiare notando l'odore, la consistenza e il gusto del cibo;
3. Ridurre la velocità di mangiare;
4. Meditazioni guidate incentrate sulla consapevolezza della fame e della sazietà;
5. Mediazioni per identificare i trigger alimentari inclusi i trigger emotivi;
6. Mediazioni per gestire le voglie.
La consapevolezza allena le persone a notare pensieri, emozioni e sensazioni angoscianti. Aumentando la consapevolezza di questi segnali, gli individui sono quindi in grado di tollerare il loro disagio e non permettere che questi segnali, non fisici, li facciano stare male e mangiare di più. La tolleranza al disagio è aumentata e l'automaticità ridotta.
In relazione al mangiare emotivo, la consapevolezza riduce la percezione errata delle emozioni come fame e quindi interrompe l'aumento del mangiare in risposta a segnali non fisici. La coltivazione della consapevolezza diventa auto-rinforzante. Inoltre, la consapevolezza aumenta la capacità di rilassarsi di fronte a eventi negativi ed emozioni. Ciò è stato riscontrato essere particolarmente vero nel ridurre l'impulsività, che è associata a un eccesso di cibo senza fame cellulare.
Studi di fMRI (Functional Magnetic Resonance Imaging) hanno mostrato livelli di attività alterati nell'amigdala correlati all'eccitazione / salienza emotiva generale dopo l'allenamento alla consapevolezza. È stata riscontrata una diminuzione dell'attivazione nell'amigdala, nell'area para ippocampale e nell'insula durante la percezione di stimoli negativi nei soggetti, ma questi livelli di attività sono stati regolati in seguito all'allenamento di consapevolezza. A seguito di un programma di consapevolezza di 8 settimane, studi di fMRI hanno rilevato un aumento della concentrazione di materia grigia nell'ippocampo sinistro e nella corteccia cingolata posteriore, nella giunzione temporo-parietale e nel cervelletto aree associate ai processi di apprendimento e memoria, della regolazione delle emozioni e dell’elaborazione autoreferenziale.
Dagli articoli esaminati sembrano esserci prove ragionevoli che la consapevolezza, comprese le tecniche di alimentazione consapevole, può aiutare a cambiare i comportamenti alimentari. L'evidenza dell'efficacia della consapevolezza e del consumo consapevole nei disturbi da alimentazione incontrollata sembra essere la più forte con risultati costantemente positivi sia nelle popolazioni in sovrappeso / obese che in quelle in stato di peso normale.

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